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Titolo Hera
In un mercato azionario ben impostato, Hera presenta diversi elementi di appeal

In questi primi mesi del 2021 l’andamento del prezzo del titolo Hera ha guadagnato forza. E non solo a livello assoluto, avendo messo a segno un rialzo superiore al 10%, ma anche avendo registrato una performance migliore di quella dell’indice del comparto utility. Nelle ultime sedute borsistiche il titolo ha mostrato una performance superiore anche a quella del FTSE MIB, nel quale hanno un forte peso titoli che consentono di percorrere il tema di una futura ripresa, in chiave di “catch-up trade”.

I mercati azionari rimangono ben impostati: le stime sugli utili per azione continuano a migliorare e gli investitori sono pronti a incorporare nei prezzi dei titoli le prospettive di una ripresa che, nelle attese, sarà sempre più visibile nella seconda parte dell’anno, con il progredire delle campagne vaccinali e la rimozione delle limitazioni volte a contrastare la pandemia.

Hera può anche contare sul contributo di alcuni fattori specifici, legati ai sani fondamentali, testimoniati dai risultati annuali e dalla stessa trimestrale pubblicata oggi. L’incremento di 0,5 centesimi del dividendo, rispetto a quanto prefigurato a gennaio 2021, in sede di presentazione del Piano Industriale, ha aggiunto ulteriore appeal al titolo.

Esploriamo questi temi, che ci aiutano a comprendere meglio le potenzialità del titolo Hera, con Jens Hansen, che guida le Investor Relations di Gruppo.

Come possiamo leggere la performance borsistica di Hera da inizio anno?
Una indiscutibile evidenza è che nel corso della prima parte dell’anno il prezzo del titolo Hera ha messo a segno un rialzo superiore al 10% in termini assoluti, nel frattempo guadagnando forza rispetto agli indici di riferimento. Hera ha infatti outperformato in misura significativa l’indice di settore, il FTSE Italy All-share Utility, che è rimasto sostanzialmente sui livelli di inizio anno. A partire dalle ultime sedute di aprile, il titolo ha anche mostrato una performance più brillante di quella del FTSE MIB, l’indice delle blue chips del mercato italiano, di cui fa parte. Si tratta di un risultato non trascurabile, considerato che la performance del FTSE MIB ha potuto trarre beneficio dal rally dei finanziari, che hanno un notevole peso nel listino italiano, e di titoli appartenenti a settori molto esposti alla futura ripresa del ciclo economico.

In generale, che cosa ha spinto i mercati al rialzo in questa prima parte del 2021?
Gli analisti da un lato hanno progressivamente migliorato le proprie stime sugli EPS delle società quotate. Factset, ad esempio, ci indica che le revisioni al rialzo avvenute in questi primi mesi del 2021 sono le più ampie degli ultimi 10 anni. Gli investitori, d’altro lato, hanno mostrato di guardare con fiducia alle opportunità che l’economia entri in una robusta fase di ripresa a partire dalla seconda metà del 2021, man mano che i progressi delle campagne vaccinali permetteranno di potere eliminare le restrizioni volte a limitare i contagi. L’attenzione al successo delle vaccinazioni è comprensibile: per potere dispiegare appieno i propri effetti, i robusti programmi varati in termini di politiche fiscali necessitano infatti di un ritorno a condizioni di mobilità e socialità prive di limitazioni. Nel frattempo, anche le Banche Centrali hanno fornito ripetutamente indicazioni di volere mantenere a lungo politiche monetarie accomodanti, a sostegno della ripresa. Un quadro nel complesso, più che favorevole per i mercati azionari…

Che cosa è accaduto nel mese di febbraio che ha tanto penalizzato i corsi delle utilities?
A inizio febbraio abbiamo assistito a un repentino rialzo dei rendimenti obbligazionari in risposta a timori di un surriscaldamento dell’economia: i mercati finanziari hanno temuto che i prezzi delle materie prime in ascesa potessero portare a uno scenario fortemente inflazionistico. Le dichiarazioni della Fed – che ha poi escluso di volere aumentare i tassi di interesse o avviare politiche di “tapering” fintantoché non avrà avuto riscontri che la crescita sia saldamente avviata e il mercato del lavoro sia tornato verso livelli di pieno impiego – hanno riportato i tassi sui livelli di inizio febbraio, anche nell’Eurozona. Le utilities, le cui quotazioni avevano reagito negativamente ai timori di rialzi nei tassi, a fronte del quadro più disteso sulle politiche monetarie hanno potuto così recuperare i livelli di inizio febbraio. Da marzo in poi, tuttavia, il mercato, anche nel comparto utilities, si è mostrato più selettivo: sono stati favoriti i titoli con multipli meno “cari” e che sono in grado di mostrare una buona resilienza in termini di margini anche in un contesto di maggiore inflazione.

E per quanto riguarda i fattori specificamente legati a Hera?
A livello specifico, Hera in questo periodo ha potuto contare sul sostegno offerto dal Piano Industriale, presentato il 13 gennaio, e sui risultati annuali 2020, presentati lo scorso 24 marzo: le solide performance dei fondamentali hanno dato visibilità alla crescita prospettica. Gli investitori hanno inoltre apprezzato la decisione del Consiglio di Amministrazione di Hera di aumentare il dividendo di 0,5 centesimi di euro rispetto a quanto indicato al momento della presentazione del Piano, con riflessi che non si limitano all’esercizio 2021, ma che si trascinano in modo costante anche per i successivi anni coperti dal Piano.

È dunque confermata la componente di ritorno degli azionisti che viene dal rendimento del dividendo?
Certamente, vista l’approvazione da parte degli azionisti, durante l’Assemblea Annuale dello scorso 28 aprile. Lo stacco della cedola è in programma per il 5 luglio 2021, con pagamento il 7 luglio. Se consideriamo il prezzo di chiusura del 2020, il dividendo per azione di 11 centesimi si traduce in uno yield del 3,7%. Considerato l’incremento registrato dal prezzo del titolo a inizio anno, l’azionista di Hera sta maturando un interessante total return…

Qual è in questo momento il target price di consensus?
Il target price di consensus dei sette analisti che coprono il titolo Hera si attesta molto vicino ai 4 euro: 3,96 euro per la precisione. Da considerare che i target price variano tra un minimo di 3,50 euro e un massimo di 4,70. Anche la valutazione del broker più prudente, dunque, si posiziona al disopra delle recenti quotazioni del titolo. La maggioranza degli analisti – quattro su sette – ha un target price compreso tra 4,00 e 4,70 euro. Considerati gli ampi spazi di potenziale rivalutazione, infine, ben sei analisti su sette presentano raccomandazioni positive: si aspettano che il titolo outperformi l’indice oppure ne suggeriscono l’acquisto.

 

Jens Klint Hansen
Jens Klint Hansen
12 Maggio 2021

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